FAQ

Le domande più ricorrenti riguardo i miei corsi

Come fanno i doppiatori a recitare esattamente sui movimenti labiali degli attori stranieri?

Com’è possibile che il pubblico italiano apprezzi l’umorismo che nasce in contesti, linguistici e culturali, totalmente differenti dal nostro?

Prima di giungere in sala di doppiaggio, lo script, ossia il copione originale, subisce almeno due trasformazioni. In una prima fase viene tradotto, per renderne in italiano il significato letterale. Successivamente, viene adattato. I due procedimenti sono a cura della stessa persona, il dialoghista (o adattatore, che può essere un doppiatore, un direttore di doppiaggio, o un dialoghista puro), il quale può eventualmente valersi di un collaboratore per la sola traduzione, qualora non sia particolarmente ferrato nella lingua originale. Molto spesso, le due funzioni (traduzione e adattamento) vengono svolte contemporaneamente, anche perché, a differenza dello scritto che nasce come tale, il testo abbinato a immagini ha bisogno della visione di queste ultime perché certi riferimenti siano perfettamente compresi, e quindi tradotti. Tradurre il solo testo, senza visionare le immagini cui si riferisce, può talvolta rivelarsi impossibile, anche per un madrelingua.

Che cos’è l’adattamento?

E’ la resa della traduzione dei dialoghi originali a “sincrono”, ossia sul movimento labiale degli attori stranieri che appaiono nel film, e la conseguente confezione di un copione dotato dei segni convenzionali di più pratica utilità nel momento del doppiaggio vero e proprio, cioè quelli che indicano le pause, le prese di fiato, i codici di tempo, la disposizione dei personaggi - e quindi del loro labiale… - rispetto all’inquadratura (in campo, fuori campo, in primo piano, in campo lungo…), e così via. L’adattamento dei dialoghi condivide col più ampio tema della traduzione svariate problematiche culturali, inerenti alla possibilità di una resa fedele dei contenuti della lingua d’origine in quella di destinazione: per molti una vera e propria mission impossible, per altri un traguardo non così proibitivo, a patto di accettare la sinonimia fra tradurre e tradire, e a patto di tradire con gusto e raffinatezza degni di un vero e proprio autore

Che cosa deve considerare il bravo adattatore?

Altri problemi sono invece più specifici:
1) la durata della battuta
2) i battiti labiali contenuti nella battuta
3) il tempo/ritmo interno della battuta, che può subire rallentamenti o accelerazioni
4) le aperture labiali, che corrispondono a determinate vocali e non ad altre
5) il registro linguistico utilizzato, che può variare a seconda del prodotto, o a seconda dei personaggi in uno stesso prodotto
6) una varietà lessicale atta ad evitare ripetizioni di parole troppo ravvicinate, a meno che non abbiano un preciso valore espressivo
7) la scioltezza delle battute, che determina una maggior facilità di articolazione e una maggior musicalità all’ascolto
8) la destinazione finale del prodotto (ragazzi, famiglie, adulti, ecc.), cui adeguare il linguaggio utilizzato
9) eventuali esigenze del committente, specie sui dialoghi di alcuni cartoni animati, o sui testi di sudiovisivi tecnico-industriali, o religiosi
10) il parco voci utilizzato nel prodotto, conoscere il quale consente al dialoghista di fronteggiare alcune variabili soggettive che possono entrare in gioco: la scioltezza o lentezza articolatoria di quel dato attore, le sue possibilità interpretative, l’eventuale caratterizzazione vocale utilizzata

Quanto tempo occorre per un buon adattamento?

Posso garantirvi, per esperienza personale, che in un’ora di lavoro un dialoghista degno di questo nome adatta non più di tre o quattro minuti di film, e sto parlando di prodotti televisivi, quindi abbastanza di routine…

È importante conoscere le lingue straniere?

E' ovvio che una perfetta conoscenza dell'humus culturale originale, nonché della lingua, sarebbe l'ideale, ma non sempre ciò è possibile. Per fare un discreto adattamento, ad ogni buon conto, non occorre conoscere a menadito la lingua originale (con inglese e francese più o meno tutti ce la caviamo, ma vorrei vedervi alle prese con un film turco di cui non fosse disponibile lo script in inglese…): la traduzione può anche essere affidata ad altro collaboratore, meglio se in grado di illustrare anche il contesto culturale in cui alcune battute nascono, in modo che il dialoghista possa effettuare la scelta lessicale più confacente in italiano. Ma bisogna che quest'ultimo conosca alla perfezione l’italiano, e soprattutto gli “italiani”, intesi come tutti i possibili registri di utilizzo della nostra lingua: quindi non soltanto grammatica e sintassi, ma anche lessico e fraseologia, abbinati a un certo gusto musicale per le battute “belle da dire e belle da sentire” (“Natura sì, ma bella dee mostrarsi” dicevano già nel ‘700…), e a un senso del dialogo pari a quello di uno sceneggiatore professionista, perché i dialoghi originali sono certamente stati concepiti da quel tipo di figura professionale (negli Stati Uniti d’importanza fondamentale…) e sarebbe un vero peccato vederli finire, per l’edizione italiana, nelle mani di uno sprovveduto…

Che cosa si propone il corso di adattamento dialoghi?

Il corso per dialoghisti si propone di fornire a chi sia dotato di un buon livello di cultura generale e ad eventuali traduttori professionisti o aspiranti tali una buona conoscenza delle principali problematiche inerenti all'adattamento dei dialoghi nei diversi possibili repertori di lavorazione, con la prospettiva, per gli allievi più meritevoli, di proporsi come dialoghisti sulle principali piazze del doppiaggio nazionale, allo scopo di fare dell'adattamento la propria principale occupazione o in vista un impegno più saltuario, che comunque arricchisca il curriculum professionale di ognuno. Il quadro didattico prevede quindi esercitazioni, anche a casa, direttamente collegate alla prassi di sala e ai materiali di più frequente lavorazione (documentari, cartoni animati, telenovelas, soap-operas, sit com), ma non tralascia di affinare la tecnica e la sensibilità degli aspiranti dialoghisti sui prodotti di maggior spessore drammatico e di livello artistico superiore (film e telefilm).

Dove si svolge il corso?

In via Giovanni da Verazzano 29, a Torino.

Chi sarà l'insegnante?

Ivo De Palma, professionista della voce dal 1982, doppiatore, dialoghista e direttore di doppiaggio.

Occorre avere dei requisiti particolari per accedere ai corsi?

Per accedere al corso di adattamento dialoghi, basta un buon livello culturale di partenza, possibilmente di livello superiore o universitario. Traduttori, interpreti o aspiranti tali sono figure particolarmente indicate, in quanto l'adattamento dei dialoghi è un significativo complemento delle loro capacità professionali, una qualificante voce in più nel loro curriculum.

E se io non ho questi requisiti?

L'offerta didattica di FILMDUBSTERS comprende tutti gli indispensabili passaggi (dizione e recitazione al microfono, innanzitutto) per giungere, con obiettivi professionali, al corso di doppiaggio. Quel che ci differenzia da altri è che noi ci limitiamo a segnalare tutte le possibilità, ma lasciamo l'ultima parola al potenziale allievo. Non organizziamo tortuosi percorsi prepagati che utilizzano il corso di doppiaggio come specchietto per le allodole al fine di incastrare obbligatoriamente gli allievi in altri insegnamenti. Diciamo che chi è già nostro allievo ha l'accesso al corso di doppiaggio garantito (ma senza obbligo di frequentarlo); che chi non è già nostro allievo, ha obiettivi professionali ma non ha i requisiti, da noi può conseguirli (di nuovo senza obbligo); che chi non è già nostro allievo ma dimostra di avere i requisiti accede senz'altro al corso di doppiaggio; che chi, malgrado le indicazioni, decide di affrontare il corso di doppiaggio per curiosità e poi matura la scelta di approfondire i requisiti per tentare una strada professionale, da noi può farlo, ma anche qui, rigorosamente, senza obbligo alcuno. Per come la vediamo noi, una struttura seria e corretta ha tutto ciò di cui l'allievo ha bisogno, ma solo e soltanto quando, e soprattutto se l'allievo ne ha bisogno... Discorso diverso per gli aspiranti dialoghisti, cui basta, come detto, una buona base culturale di partenza. Per loro, è interessante il fatto che dovranno giocoforza imparare la tecnica del sincrono, per potersi esercitare nell'adattamento, nonché sviluppare un minimo di articolazione della parola (l'adattamento sia fa ad alta voce). A fine corso, quindi, alcuni di loro potrebbero decidere di affrontare anche il corso di doppiaggio, in forza del fatto di averne già acquisito alcune tecniche essenziali...

Si può frequentare un vostro corso per hobby?

Naturalmente sì, dal momento che ormai vi sono svariati fandubber che fanno doppiaggio per divertimento, e alcuni dei quali poi, forti di una certa esperienza e di alcune qualità, tentano la carta professionale.

Quali sono le reali possibilità di sbocco professionale?

Le possibilità di sbocco professionale dipendono dalla propria volontà di proporsi, e infine di imporsi, grazie alle proprie qualità artistiche (senza le quali non si fa molta strada...), in un mercato che non prevede una prassi di accesso standard, per le nuove leve. Tutto sta alla discrezionalità dei direttori di doppiaggio, insomma.

Sono possibili, inoltre, periodiche contrazioni della quantità di lavoro disponibile sulle piazze principali (Roma, Milano e Torino), quindi eventuali difficoltà incontrate in un dato periodo possono poi risolversi in un momento successivo. Certo, è un mercato che fa gola a molti, e la mia serietà non può esimermi dall'informarvi, a differenza di quanto fanno tutti i concorrenti, che eravamo già troppi quando ho cominciato io.

Questo, però, non ha impedito a me e a tutti i colleghi che avevano le carte in regola per emergere di avviare e condurre in porto la propria carriera. Il ricambio delle voci, peraltro, è fisiologicamente indispensabile, anche perché non si può avere in eterno la voce dei vent'anni... Gli apiranti dialoghisti considerino che i dialoghisti più bravi sono di norma pieni di lavoro, quindi è possibilissimo che le sale abbiano bisogno di affidare alcuni adattamenti ad altre persone. Dipende anche, naturalmente, dal momento particolare, che può essere più o meno fortunato in termini di presenza di lavoro sulla piazza. In più, a differenza dell'aspirante doppiatore, l'aspirante dialoghista può lavorare per chiunque, in Italia, scaricando copioni originali e filmati dal web e consegnando il copione italiano via mail, anche a clienti molto lontani. Forza e coraggio, quindi.
Il successo della vostra scommessa professionale in questo campo sta, per un buon 50/60%, nella saldezza della vostra motivazione.

Al termine del corso di adattamento dialoghi/doppiaggio, viene rilasciato un attestato?

Naturalmente sì.

Va detto, però, che ha un valore più simbolico-affettivo che reale. Un direttore di doppiaggio giudica ciò che fai a microfono, o ciò che gli scrivi sul copione, non il pezzo di carta che gli presenti...
Come è giusto che sia.

Essere già allievi di FILMDUBSTERS comporta la possibilità di usufruire di sconti sul costo degli altri corsi?

Naturalmente sì.

Perché dovremmo scegliere i corsi di doppiaggio e adattamento dialoghi di Ivo De Palma?

Oddio! Siamo in campagna elettorale? Devo proprio fare questa figura?

Vabbè, proviamoci.

Dovreste scegliere i miei corsi perché non c'è insegnante di cui meglio possiate seguire le attività, i progetti. Direi di più: non c'è insegnante di cui non sappiate già quasi tutto, grazie a questo sito, e non c'è insegnante con cui meglio possiate dialogare e di cui meglio possiate approfondire la conoscenza, anche prima del corso. Non c'è insegnante di cui già non conosciate perfino il carattere, talvolta ostico, ma mai scorretto e con una disponibilità, verso allievi e principianti, divenuta, con gli anni, proverbiale.

Dovreste scegliere i miei corsi perché si svolgono "a microfono", solo "a microfono", nient'altro che "a microfono" (ecco spiegata l'importanza dei famosi requisiti), senza commistioni didattiche con altri (non so quanto interessanti, per chi comincia) aspetti della lavorazione, che allungano inutilmente la durata del corso e sottraggono comunque tempo al lato professionalmente più importante e gratificante da esercitare.

Che resta, al di là dei paroloni degli uffici stampa o dei redazionali diffusi sui giornali locali, l'uso della propria voce a leggio, di fronte a un microfono, sul labiale di un personaggio, per un tempo equamente distribuito tra tutti gli allievi e non arbitrariamente ampliato a favore di alcuni e a discapito di altri.

Dovreste scegliere i miei corsi perché non ho alcuna ansia (e da quest'anno men che mai necessità) di avere allievi: ho scelto, e posso permettermi, di averne solo il piacere, di tanto in tanto, al giusto prezzo. Prometto solo ciò che posso mantenere, non illudo con risibili slogan, non racconto le amenità del doppiaggio di trent'anni fa per nascondere la difficilissima, al nord addirittura drammatica, situazione attuale del nostro settore, non subordino la fruizione della mia competenza da parte vostra alla firma di contratti pluriennali (vivaddio, cambiare idea è ancora un diritto...).

Dovreste scegliere il mio corso proprio perché vi dico chiaro e tondo che professionisti, semmai, si diventa dopo, sul lavoro, in sala di doppiaggio, ma che se volete arrivare a quel momento preparati, da anni, in una sala perfettamente attrezzata e di cui ho la piena disponibilità, curo personalmente tale preparazione.

Il concetto, in buona sostanza, è lo stesso dappertutto: certamente occorre tempo e impegno personale ed economico, per consolidare un proprio mercato come doppiatore o dialoghista professionista.

Non bastano tre mesi di corso principianti, e fin qui siamo tutti d'accordo.

Ma Ivo De Palma, che non vi incatena alle sue lezioni per mesi e mesi, vi consente di scegliere il momento in cui fare la scommessa più importante e di dirottare molta parte del vostro tempo e delle vostre risorse economiche in quel che, necessariamente, dovrà avvenire dopo il corso-base: il contatto diretto con i vari ambienti del mondo del lavoro, con una preparazione di base che basta, agli allievi più dotati, per presentarsi ovunque in modo dignitoso.

In conclusione?

L'opinione media di un direttore di doppiaggio (ve lo dice uno che li conosce bene, essendo esponente della categoria) cui vi presentiate per chiedere lavoro è che "i corsi non servono a nulla".
A meno che non sia lui l'insegnante...
Ma questo è, direi, molto umano. Sorvoliamo.

Un direttore, come del resto un regista, deve avere l'impressione di essere lui, il vostro insegnante. Soltanto così sarà motivato a impiegare il suo tempo, la sua intelligenza e la sua bravura nel farvi crescere ulteriormente e nel consentire il materiale avvio della vostra carriera a microfono.
Deve avere, insomma, l'impressione che siate una creatura sua, di avervi scoperti lui. E' pur sempre un essere umano, giusto?
Inutile, quindi, andare lì a comunicare, senza volere, la sensazione di essere già ampiamente "navigati". Verreste trattati piuttosto freddamente: provino e poi via, "le faremo sapere"...
A meno che non siate un fenomeno, ma ne escono uno ogni 10/15 anni...

Certo, però, che se vi presentate senza nemmeno sapere com'è fatta una sala di doppiaggio o cos'è una cuffia, e vi lasciate prendere dall'ansia ogni volta che varcate la soglia della sala, ambiente per voi del tutto ignoto, con tutta la buona volontà l'operazione di aiutarvi potrebbe apparire, al povero direttore, una vera impresa...

Anche perché non sarete certo gli unici, ad aver avuto l'idea di chiedergli attenzione...
Ecco dove può aiutarvi il corso di Ivo De Palma: vi prepara al primo approccio con questo ambiente, offrendovi le basi della tecnica, un'ampia panoramica delle varie tipologie di lavorazione, una guida del tutto analoga a quelle che troverete sul lavoro e quel minimo di consapevolezza nella gestione della sala che abbatte stress ed emotività, nemici acerrimi del principiante.

Con i soldi e il tempo che vi rimangono, andrete ad imparare tutto il resto direttamente sul lavoro.
Andrete ad arricchire voi stessi, non le scuolette di doppiaggio...
Meglio, no?
E ora mi aspetto come minimo l'Oscar della "tutela degli interessi dell'allievo"...
Ad ogni buon conto, io non vi dirò mai che ho "bisogno di giovani colleghi".
Affrontare le basi di questa professione, fino a prova contraria, deve essere un'esigenza innanzitutto vostra...

Ma se un giovane, aspirante collega, ha bisogno, per i suoi primi passi nell'ambiente, di un insegnante motivato, un professionista competente, un punto di riferimento riconosciuto (e non solo a Torino), beh...
... più mi guardo allo specchio, più mi sembra di rispondere alla descrizione.

Perché esiste il doppiaggio?

Perché qualcuno si preoccupa che il contenuto testuale di un prodotto cinetelevisivo sia perfettamente comprensibile al pubblico che lo segue, senza, possibilmente, alterare o sacrificare la qualità artistica delle interpretazioni di partenza?

Forse perché questo qualcuno è un filantropo? Magari!…
Il doppiaggio esiste solo perché questo qualcuno, in genere il distributore cinematografico o il network televisivo, in ogni caso il detentore dei diritti per l’Italia su quel determinato prodotto, deve trarre, dall’operazione, il massimo profitto: il film, doppiato in italiano, richiamerà più pubblico al cinema, la fiction televisiva (sia essa cartone, novela, soap, sit-com o anche tv movie) garantirà, doppiata in italiano, uno share tale da richiamare fior fiore d’inserzionisti pubblicitari…

Anche laddove si tratti di prodotto italiano doppiato in italiano, lo scopo è in genere quello di perdere meno tempo (e quindi spendere meno soldi…) nel momento delle riprese, già gravato da un’infinità di possibili complicazioni.

La battuta è venuta male?
Non importa, tanto poi doppiamo!

E’ passato un aereo durante la scena e il dialogo non si sente?
Non importa, tanto poi doppiamo!

Begli occhi, bella faccia, ma a recitare è una frana?
Non importa, tanto poi doppiamo (con un’altra voce…)!

Grandissimo attore, ma già sappiamo che non si sa doppiare?
Non importa, convocheremo un doppiatore!

D’altronde, l’atto di nascita del doppiaggio fu siglato da quei produttori che, ai primordi del cinema sonoro, si erano un po’ stufati di perdere tempo (e soldi…) a girare una scena in inglese, ma poi anche in francese, in italiano e via dicendo, per poter distribuire il loro film anche fuori dei confini nazionali!
Da loro punto di vista fu una vera furbata, il doppiaggio! Il doppiaggio, quindi, è una specializzazione artistica prettamente commerciale (anche se può essere eseguito con un certo gusto e una tecnica pregevole, e indubbiamente non è avaro di gratificazioni extra-monetarie, per chi lo eserciti con passione…).
Nulla di moralistico, in tale constatazione, sia ben chiaro: sono le regole del gioco, punto e basta. Ma è bene che gli aspiranti doppiatori sappiano distinguere tra attività artistiche cui si possono avvicinare anche per diporto, cioè amatorialmente (recitazione teatrale, canto, musica, danza, praticamente tutto…), in virtù delle loro apprezzabili valenze culturali, aggregative, psicologiche e quant’altro, e attività artistiche fortemente specializzate, come il doppiaggio, che esigono, oltre a spazi tecnologici predisposti, d’improbabile posa in opera tra le quattro mura di casa propria, propensioni, approfondimenti e, conseguentemente, competenze tecniche superiori alla media, unici e rigorosi metri di giudizio del valore di una prestazione professionale. Il doppiaggio è la specializzazione di una specializzazione: da “recitazione”, stringiamo su “recitazione al microfono” e da qui, ulteriormente, su “recitazione a microfono in (movimento) labiale”, cioè doppiaggio (e non, poniamo, prosa radiofonica o prestazione documentaristica).

In altre parole, il doppiaggio si può fare solo da professionisti, indipendentemente dai motivi che hanno spinto l’individuo a frequentare il relativo corso.

Che tipo di figura professionale è il doppiatore?

Il doppiatore è innanzi tutto un attore.
Una persona che ha approfondito le tecniche del gesto e della parola atte a realizzare una rappresentazione, realistica o simbolica che essa sia, in genere di natura teatrale.

Ma il suo strumento non è il palcoscenico, è qualcosa di enormemente più selettivo, e per ciò stesso sofisticato: il microfono. Le tecniche del gesto non gli servono più: deve affinare enormemente quelle della parola, unendole a riflessi e "orecchio" sufficienti a lavorare sui ritmi, i tempi e le sfumature d’intonazione, piuttosto che sui toni pieni che si usano in teatro perché tutta la platea, fino alle ultime file, possa comprendere il testo e apprezzare l’interpretazione.
Il doppiatore è un attore che rinuncia ad un incentivo potentissimo: il pubblico. Le sue doti tecniche e vocali devono essere a posto al 100%, per sopperire all’assenza d’un così energico sprone.
Privilegiando il massimo della concentrazione nel più breve intervallo possibile (le sequenze, non molto lunghe e chiamate "anelli", in cui si suddivide la lavorazione), il doppiatore è in grado di entrare e uscire dal personaggio con estrema disinvoltura, mentre in teatro, idealmente, per una o due ore la concentrazione dell'attore non cessa mai. Se dovessi esprimermi in termini sportivi, affermerei che il doppiatore è un ottimo "scattista", atleta che in pochi metri dà il meglio di sé, e l'attore teatrale un eccellente "fondista", di maggior valore sulla lunga distanza.

L'attore, sul palcoscenico, si appropria del personaggio, gli attribuisce, in settimane di prove, tempi, ritmi, respiri e silenzi propri. Il doppiatore, invece, è felice di essere schiavo: tempi, ritmi, mimica facciale, pause e respiri sono già lì, sullo schermo, bisogna "solo" assecondarli, seguendo le indicazioni del direttore di doppiaggio, una sorta di regista delle voci.

E i tempi di questo camaleontico adattamento, specie nelle edizioni italiane curate per la televisione, si misurano nell'ordine dei... minuti! Quando poi i tempi e i ritmi che sono sul video sono del tutto arbitrari e i respiri praticamente inesistenti, come nel caso dei cartoni animati, il povero doppiatore suda le proverbiali sette camicie...

Dal medesimo punto di partenza, l'arte drammatica, si diramano due distinte professionalità, che possono anche, sia ben chiaro, felicemente convivere nella stessa persona: ci sono, però, bravi attori che non riescono a fare doppiaggio, e bravi doppiatori in difficoltà se devono esporsi in teatro, e quindi esprimersi con tutto il loro corpo, anziché soltanto con la voce. L'attore gode nell'esporsi, nel sondare gli umori e la "temperatura" del pubblico, nel creare attingendo alle sempre nuove sensazioni dell'immediato.

Il doppiatore esibisce la sua voce e l'uso raffinato che ne sa fare, lavora "a tavolino", dietro le quinte, volendo usare una metafora teatrale… C'è, ma è come se non ci fosse, si realizza nella perfetta aderenza vocale e psicologica al volto e ai modi di un'altra persona, nel sottile piacere di annullare se stesso, sapendo d’essere comunque indispensabile.

E i cartoni animati?

Gli eroi dei cartoni animati non sono altro che disegni, per quanto belli e curati possano apparire. Questo significa che molta parte della credibilità, se non del realismo, delle scene rappresentate dipende esclusivamente dalla colonna sonora, non a caso, per quanto riguarda musiche e rumori, già orchestrata su registri di notevole ritmo e di esasperata intensità.

Tecnicamente, quindi, doppiare un cartone animato, e specialmente un OAV giapponese, è tutt’altro che una passeggiata. Lo spessore psicologico di quelle facce più o meno bene disegnate è dato dalle voci, che devono distendersi, senza soccombere, sopra un tappeto sonoro fortemente drammatizzato.

Ecco perché la recitazione che sentite nei cartoni animati televisivi è un po' "sopra le righe": la plausibilità delle situazioni e dei personaggi è determinata innanzi tutto dall'efficacia persuasiva dei suoni e delle voci, talvolta, oltretutto, caratterizzate, vale a dire falsate, per la resa particolare di determinati ruoli. La tecnologia, più o meno progredita, può dare ad un personaggio disegnato il movimento: ma è la voce che gli dà la vita.

La voce del doppiatore, almeno per il momento (anche se non saprei ancora per quanto…), resta l'unico contributo interamente umano all'animazione di un cartone.
E quando l'animazione è al servizio di una storia, le voci, oggi come ai tempi di Omero, sono lì per raccontarla.

Quali sono i pro e i contro di questa professione?

E' un lavoro bellissimo, ma solo a patto di essere messi nella condizione di farlo bene, e questo, purtroppo, non sempre accade.
Occorrono i presupposti logistici e tecnici che ti consentano di lavorare effettivamente sulla voce e con la voce, cioè sale di doppiaggio attrezzate per valorizzare il dettaglio dell'esecuzione vocale; occorrono direttori con il gusto della vera e propria regia vocale, che vadano quindi un po' oltre il controllo del sincrono e l' uso standard della voce; occorre un clima di libertà creativa che ti consenta, ove occorra, di restituire nella lingua d'arrivo ciò che, se trasposto pedissequamente dall'originale, non sarebbe altrettanto efficace: una libertà di "tradire", purché con raffinato buon gusto, che paradossalmente è la più alta forma di rispetto verso il prodotto originale, poiché finalizzata alla sua più alta resa possibile nella lingua d'arrivo.

Il pro e il contro del doppiaggio sta tutto qui, nella presenza o nell'assenza di queste condizioni. Nella possibilità di usare la voce come strumento sensibile, specchio del pensiero che sta dietro ogni battuta, o nell'obbligo di farne soltanto un rozzo e piatto megafono.

Che cosa si propone il corso di doppiaggio?

Il corso si propone di fornire a chi già possieda buone basi di dizione e/o recitazione la padronanza dei requisiti tecnici ed espressivi indispensabili ad un pronto inserimento in sala di doppiaggio, nella prospettiva, per gli allievi più meritevoli, di quattro possibili esiti, ciascuno dei quali non esclude gli altri:
1) fare del doppiaggio una professione continuativa.
2) fare del doppiaggio un’attività che consenta entrate economiche tra una scritturateatrale o cinetelevisiva e l’altra (o contemporaneamente ad esse, se la tournèe teatrale tocca una delle piazze del doppiaggio, cioè Roma, Milano o Torino).
3) mettersi nelle condizioni di poter, quantomeno, doppiare sé stessi.
4) accedere al mercato delle voci anche come speaker documentaristico e/o pubblicitario.

Il quadro didattico prevede quindi esercitazioni direttamente collegate alla prassi di sala e ai materiali di più frequente lavorazione (documentari, cartoni animati, telenovelas, soap-operas, sit com), ma non tralascia di affinare la tecnica e la sensibilità degli aspiranti doppiatori sui prodotti di maggior spessore drammatico e di livello artistico superiore (film e telefilm).